Un nome quasi impronunciabile, quello di Jhikargachha, Bagladesh. 300.000 persone in poco più di 300Km quadrati. Nemmeno tra i centri più popolosi. La Google Car attraversa per il lungo la cittadina, passando sul fiume Kopotakkho, come fa per molte altre città e paesi, ma qui decide anche di infilarsi in una laterale, Bazar Rd, interrompendo il percorso che stava facendo sulla N706, in direzione di Jessore, la più importante città del distretto.
A Jessore ci arriverà dopo, passando per altri posti “minori” che però danno uno spaccato di vita Bengalese.
In Bazar Rd troviamo un esempio di come il commercio sia un valore fondante forte di questa economia. Praticamente ogni spazio, anfratto, tettoia, angolo, gabbiotto, marciapiede è un negozio.
Si commercia di tutto; l’alimentare la fa da padrone, specialmente sulla via principale e più trafficata, mentre, entrando nelle viuzze, si possono trovare attività artigiane, riparazioni meccaniche, negozi di elettrodomestici, suppellettili e accessori; pentole in metallo e sedie di coloratissima plastica. Tutto sgargiante, tutto esposto, tutto terribilmente e letteralmente sulla strada; senza soluzione di continuità tra pedoni, negozi, abitati e spazzatura. Dappertutto, diffusa, in cumuli e comunque onnipresente.
Non è difficile imbattersi in cantieri, più o meno grandi. si lavora tanto ancora manualmente, nessun mezzo meccanico. Mattoni pieni che vengono spostati a mano, impalcature fatte in bambù.
Anche qui, grossi contrasti: spesso nella stessa strada si trovano case abbandonate o fatiscenti affiancate da nuove, quasi “lussuose” per il contesto, abitazioni verniciate di fresco. Evidente che qualcuno, ogni tanto, mette in mostra i propri progressi, senza abbandonare la strada dove, magari, è nato e cresciuto. Moltissimi i bambini, in circolazione, nei negozi, nelle officine, o a fare il muratore. Ragazzi poco più grandi guidano i “trike” o i risciò. Le donne, come in altri posti già visti, impegnate a fare la spesa, portare carichi e accudire i più piccoli.
In questa massa apparentemente disordinata, c’è spazio anche per una “pharmacy” e comunque l’impressione è di una situazione relativamente tranquilla, con una relativa “dignità”.
Appena si esce dal centro abitato i negozi e le case diventano più rade, dando spazio ad ampi sprazzi di campagna, e la strada si popola di galline, oche e qualche capra, e si intravvedono pian piano campagne, cataste di legna e casette più basse o semplici capanne i legno e lamiera. Si cambia rapidamente scenario, passando, o meglio, ri-passando ad una civiltà più contadina e il verde si riprende la scena. Ancora tanti i bambini per strada o negli improvvisati negozietti. Pochissime le macchine, in circolazione. Ci si sposta a piedi o in bicicletta, i più fortunati con i mezzi agricoli, sempre strapieni. E’ quasi impossibile fare più di un chilometro senza incontrare qualcuno, capita di trovare anche qualcuno che improvvisa un bagno in un piccolo stagno lungo la strada.
Ogni tanto, qua e là, qualche piccolo agglomerato di case mostra sempre gente curiosa del passaggio di quella strana auto, scenario non comune nemmeno da noi, figuriamoci in questi piccoli centri rurali. L’impressione è comunque quella che qui tutti “aspettino”, molto. Negli improvvisati negozi o nelle baracche, o sulla strada. E anche quel motocarro strabordante di banane, forse, non ha troppa fretta di consegnare il carico; c’è tempo per bere un tè. Lungo la strada non mancano, comunque, i punti segnati come “bazar”, quasi a distanza fissa l’uno dall’altro, come presidio del territorio . Con il riavvicinarsi di una nuova città, le case in mattoni lasciano spazio a quelle di legna, si rivedono i cantieri, i negozi, e l’immancabile sporcizia, segno indelebile del progresso.